LETTERA AL DIRETTORE MENTANA

Lettera al direttore Mentana


Caro direttore Mentana, personalmente credo di aver colto il senso delle sue parole sul fatto che, se avesse saputo prima cosa avrebbe detto Giuseppe Conte in conferenza stampa, non avrebbe mai mandato in onda la parte in cui il Presidentedel Consiglio ha attaccato Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ne colgo il senso, che probabilmente affonda le radici nel campo dell’etica e della deontologia professionale, ma francamente faccio molta fatica a comprenderne l’utilità. Provo a spiegarmi meglio. Se Lei avesse taciuto il suo legittimo punto di vista, credo che nessuno avrebbe potuto accusarla di niente, tantomeno di aver prestato il fianco alle parole di Conte; al massimo si sarebbe potuto dire che il Presidente del Consiglio ha approfittato di quell’occasione per dire anche altro. Ma il giudizio sulla lettura di questo comportamento lo avrei serenamente lasciato agli italiani che stanno chiusi in casa da più di un mese, costretti, tra le altre cose, ad ascoltare quotidianamente le bugie del “cazzaro verde” e di Giorgia, la madre, la cristiana, etc. Nessuno avrebbe pensato o comunque avrebbe potuto gridare alla Sua complicità. Per essere ancora più chiari, tacendo non avrebbe aggiunto o tolto nulla alla vicenda, mentre sottolineando, come ha fatto, che il Premier non avrebbe dovuto usare quello spazio televisivo per “attaccare” Salvini e Meloni, si è inevitabilmente attirato contro le critiche di chi nelle parole del Presidente del Consiglio si è finalmente sentito rappresentato e nelle sue invece ha ritrovato dei segnali allarmanti. Chi se ne frega, dirà lei. Giusto. Ci mancherebbe altro. Fossi in Lei però un piccolo sforzo in più lo farei per cercare di spiegarmi ancora meglio, o in alternativa, per cercare di capire come mai, in ogni caso, la percezione popolare di questo episodio è molto diversa dalla Sua. Se il pubblico all’improvviso non la vede più come un giornalista libero in un mare di pennivendoli mercenari, ma comincia a trovare delle somiglianze tra Lei e questi ultimi, è solo colpa di un pubblico funzionalmente analfabeta che non capisce niente di etica e deontologia, o forse varrebbe la pena farsi qualche domanda in più? Le garantisco che tra i suoi detrattori ci sono molti che la stimavano prima e la stimano tutt’ora, anche se con qualche riserva; non le interessa farsi comprendere bene da chi le ha sempre dimostrato molta stima e affetto? Quasi mai ci sono delle valide ragioni per censurare qualcosa o qualcuno, giusto nella rappresentazione di una violenza criminale o per difendere i minori da contenuti disturbanti, avrebbe e ha senso, ma per tutto il resto la censura lascia sempre un cattivo odore nel naso di chi (non) guarda, (non) legge o (non) sente. Soprattutto se non si è davanti ad una scena di sangue, ma più semplicemente davanti a un Premier che parla durante una conferenza stampa, è molto difficile cogliere il sottile senso delle Sue parole, nel 2020. Voglio concludere segnalando la presenza in rete di un video-appello collettivo contro la censura e a favore della libertà di espressione che si chiama “Il ministero della verità” e che invito chiunque a vedere per farsi una propria opinione sull’argomento. Si offrono spunti di riflessione sugli organi mainstream dell’informazione ai tempi del Coronavirus, sulle fake news, sull’identità di coloro i quali dovrebbero controllare e arginare questo fenomeno e sulla censura, intesa anche come assenza di rettifica rispetto ad una notizia falsa data però per buona in pompa magna. E in questo il caro direttore Mentana sembra avere qualche conto in sospeso.

di Enrico Chirico

P.S.

La foto, o meglio il fotomontaggio creato per accompagnare questa lettera aperta, ha la sola funzione di rappresentare fino a che punto questo episodio abbia modificato la posizione di Enrico Mentana nell’immaginario collettivo, diventando in un attimo un personaggio decisamente molto antipatico. L’unica forma di censura concepibile, soprattutto in televisione, deve essere legata solo alla violenza e mai alla libertà di espressione. La stessa libertà di espressione che dovrebbe consentire a me e a voi di scrivere quello che pensiamo e di rappresentare lo stesso pensiero anche attraverso la fotografia, la pittura, la scrittura e in qualsiasi altra forma di comunicazione.


 

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